Decreto fiscale: stretta sugli appalti labour intensive

Stretta nel Decreto Fiscale sui contratti ad alta densità di manodopera: l'analisi dei consulenti del lavoro sugli appalti labour intensive.

Fra le novità più rilevanti per le imprese introdotte con il decreto fiscale collegato alla manovra economica 2020 c’è la stretta sugli appalti a prevalente utilizzo di manodopera, con nuovi adempimenti per il committente in relazione alla regolarità fiscale e contributiva nei confronti dei lavoratori da parte dell’impresa a cui viene affidata l’esecuzione.

Ci sono precisi obblighi di controllo del committente, e modalità stringenti per il versamento delle ritenute dell’appaltatore o del subappaltatore. Il riferimento normativo è l’articolo 4 del dl 124/2019.

Molto in sintesi, la norma si applica agli appalti sopra i 200mila euro annui, che vengono svolti o effettuati con prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma. Come si vede, quindi, il concetto di “labour intensive” è particolarmente rilevante ai fini dell’applicazione della norma.

In realtà, rilevano i Consulenti del Lavoro con Circolare 1/2020, «non esiste nel nostro sistema giuslavoristico un criterio certo, generalizzato e oggettivo che a priori definisca il concetto di labour intensive. L’unico riferimento è l’articolo 50 del dlgs 50/2016, in base al quale «i servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell’importo totale del contratto».

Ci sono però una serie di altre considerazioni che di fatto possono essere utili per identificare questa tipologia di appalti.

Il punto è che, nell’ambito degli appalti labour intensive, l’elemento della organizzazione dei mezzi produttivi, tra i più indicativi per il riconoscimento della genuinità del contratto di appalto, può apparire affievolito, in considerazione del fatto che l’incidenza di capitali, macchinari ed attrezzature, risulta marginale rispetto alle prestazioni di lavoro rese per la realizzazione dell’opera o l’esecuzione del servizio oggetto del contratto.

L’appalto è comunque legittimo, ma devono sussistere una serie di condizioni.

Innanzitutto, la prevalenza dell’attività di manodopera, non deve essere «tale da far recedere del tutto gli altri elementi la cui sussistenza configura la legittimità dell’appalto»: il rischio d’impresa e il possesso effettivo di un comprovato know-how aziendale o di elevate professionalità in capo al personale impiegato nell’ambito dell’appalto. Quindi, la manodopera deve essere informata all’organizzazione e sottoposta all’esercizio del potere direttivo dell’appaltatore.

Il requisito della «organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore», previsto dall’articolo 29, Dlgs 276/2003, deve costituire «un servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero coordinamento necessario, eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore.

Ed è essenziale «che i lavori appaltati siano effettivamente svolti da un soggetto che abbia concretamente la forma e la sostanza di una impresa, sia con riguardo al profilo tecnico, sia sotto l’aspetto strettamente economico ed organizzativo».

di Redazione PMI